Hold. Petunia Mattioli versus Russel Mills

Presenze e assenze.

 

Federica Matelli

2004

 

Il 9 Ottobre passato si è inaugurato al Palazzo delle Papesse, Centro per l’arte contemporanea, il terzo ciclo espositivo dell’anno con due nuove esposizioni, alle quali viene dedicato un piano ciascuna del bellissimo palazzo rinascimentale: la mostra Ipermercati dell’arte. Il consumo contestato a cura di Omar Calabrese e Invisibile a cura di Emanuele Quinz. A questo si aggiunge l’ottava edizione del progetto Caveau che riguarda il Caveau dell’ex Banca d’Italia, trasformato in una “Project room”. Per tale spazio gli artisti invitati al Palazzo delle Papesse creano ogni volta, appositamente, delle opere specifiche. In questa edizione i residenti della stanza blindata sono gli artisti Petunia Mattioli e Russel Mills, in un duetto artistico niente male.

 

        

 

L’opera presentata, che vede protagonisti insieme a Mills e alla Mattioli musicisti del calibro di Eraldo Bernocchi e Mike Fearon (accompagnati da Bill Laswell, Lorenzo Esposito Fornasari e dalla cantante etiope Gigi Shibabaw), si costruisce sull’interazione fra gli Object poems di Russell Mills, la video-installazione di sassi/rena e immagini di Petunia Mattioli e la musica che impregna le mura del Caveau e gli oggetti al suo interno, quasi avesse, quest’ultima, la funzione di collante nel gioco di scomposizione e ricomposizione che l’installazione, nell’ insieme, ci propone. Il suo senso risulta, quindi, dal triplice dialogo fra questi diversi elementi, al quale si aggiunge, con un gioco che permette una “lettura” stratificata, il richiamo fra lo spazio del Caveau e gli altri piani del palazzo, in particolare il terzo, dove si svolge l’esposizione di arte interattiva intitolata Invisibile.

Una delle cose che più colpisce, quando si entra nell’atmosfera oscura e soffocante dell’ex stanza di sicurezza, è la forte sensazione tattile data dal movimento delle mani della performer sulla rena, che contribuisce a creare un’ impressione di presenza, come se qualcosa stesse accadendo lì, tangibilmente. L’immagine circolare, proiettata sul cumulo di sabbia a sua volta circolare, la stessa sabbia nella quale  scava la protagonista del video, assume una consistente matericità tattile, così che la ricerca ossessiva della donna accovacciata suggerisce una riflessione dell’opera video su se stessa: la ricerca di una palpabile materializzazione. Il sasso, che ricorre in ogni dove (nell’introduzione, nell’installazione, nelle immagini stesse) potrebbe quindi simboleggiare la ricerca del “massiccio”, di qualcosa di pesante, di corporeo, di vero e incisivo, di un’impronta reale, di conferme, in contrapposizione con gli Object poems di Mills che rappresenterebbero, per contro, i fantasmi del passato e dell’immaginario, assenze/presenze eteree, fragili e distanti; tali oggetti sono, infatti, posizionati dietro le griglie, in modo che non si possano toccare. Occorre liberare questi “esseri” non ancora nati, queste immagini della mente, aprire la gabbia e cercare, anche se con difficoltà, di dare loro un corpo.

                    

Questo dialogo, che si ode come un bisbiglio, è anche quello fra l’opera d’arte e ciò che essa era prima di venire al mondo, prima di perdersi nel processo della creazione, attraverso il quale quel quid da cui tutto è nato diviene altro da sé. Opera d’arte come processo, come ricerca affannosa di risposte che soddisfino i sensi, che facciano sentire, con un taglio netto nel senso del reale, il proprio peso, esattamente come quei sassi bianchi che cadono e cadendo urtano con la nostra vista che li guarda e col nostro udito che ne sente il tonfo, qui e in questo preciso momento. L’installazione sembra suggerire che l’opera d’arte deve essere un sasso che pesa verso l’esterno del pensiero e che lo porta ad uscire da sé (1) . Un’ultima osservazione sorge percorrendo a ritroso il “percorso” dell’installazione: ciò che il processo artistico trova “sotto la sabbia”, ossia partorisce, non sono concetti, parole o significati, ma oggetti (sensazioni) che racchiudono una verità poetica e che ritornano (ci portano) là dove sono nati. Tutto ciò si può leggere dall’organizzazione dello spazio espositivo, che assume un notevole valore semantico. Gli Object poems, statici, sono posti ai lati, nella penombra, mentre domina, al centro, l’installazione video e il suo processo ciclico (il loop del video mostra reiteratamente la stessa scena, che mostra una la donna che, reiteratamente, scava).

 

  

 

La musica è il filo che tiene in un tutto le singole parti, rende l’opera un’ unità, voce unica dei suoi elementi separati: come l’essere singolare – plurale(2) di Jean Luc Nancy che rimanendo se stesso si modula nelle singole presenze, i suoni si compongono e scompongono in continuazione. La musica assume in Hold il particolare valore ontologico di essere “un’altra modalità dell’essere-con, dell’essere insieme, intrecciati in infinite onde relazionali, di tutte le cose, di tutti gli esseri”(3).  E’ questa la luce con la quale illumina la musica contemporanea il filosofo francese, nel suo libro dedicato All’ascolto:  “La melodia diventa così la matrice di un pensiero dell’unità della e dentro la diversità…( ciò comporta) l’afferramento di un principio  dell’unità nella differenza”(4). Allo stesso modo la musica è la parola del mondo creato nella grotta, e il suo ascolto mette in evidenza quella “trama relazionale, infinito riverbero di rinvii”(5), ch’esso nel suo complesso è: musica, architettura di suoni e ancora di più. Derrida ci insegnava che l’essere di per sé non è conoscibile, è dato all’uomo solo attraverso la parola (che comunque è suono prima di essere significante), e Russel Mills scrive in Field Work (2004) : “poetry is what makes the invisibile appear”(6):  i suoni di Hold sono l’eco di questo invisibile che “abita” e intride le cose, i Poems objects, l’installazione, le immagini e i sassi di Petunia Mattioli. I suoni che vengono dal ventre delle cose si compongono in un complesso di vibrazioni e risonanze, per indicarci la possibilità di senso di quell’insieme di oggetti, gettati a terra come organi di un corpo sventrato. Usando ancora una volta le parole di Nancy aggiungerei che: “(…)la possibilità del senso s’identifica così con la possibilità della risonanza, ossia della sonorità stessa(…)” e la musica svolge il ruolo di “senso meno il linguaggio”(7) o altrimenti, “del sintattico senza semantico” (che invece è affidato agli altri elementi). Forse viene coronato e completato il progetto di Schönberg che già agli inizi del secolo scorso affermava: “Nelle mie opere luoghi e cose recitano anch’essi, e perciò bisogna distinguerli chiaramente, al pari delle altezze dei suoni.(…)L’effetto generale deve essere qualcosa di simile agli accordi, alla musica (…) non deve suggerire simboli, significati o pensieri, ma soltanto un gioco fantasmagorico di colori e forme (…) dunque questo spettacolo deve risuonare soltanto per l’occhio e, in ogni spettatore dovrebbero nascere pensieri simili a quelli che si hanno ascoltando la musica. Quindi le scene avranno esattamente il ritmo della musica (…). Da tempo avevo in mente una forma (…) che ho definito: far musica con i mezzi della scena (…) fonderli in forme e figurazioni, dopo averli misurati come si fa con il suono”(8).

Altro scambio di battute è quello fra il Caveau e il terzo piano del Palazzo, dove si svolge l’esposizione d'arte digitale interattiva intitolata Invisibile. A tale proposito si nota un elemento di consonanza e un elemento di dissonanza fra le due esposizioni: la consonanza sta nell’ elemento eventuale e relazionale. Eventualità e relazione sono caratteristiche dell’opera d’arte interattiva digitale: questa si presenta come un evento che accade nel momento in cui interagisce col fruitore, che urta la sua realtà sensibile, investendolo direttamente e processandosi qui e ora, cioè ciò su cui riflette, fra le altre cose, il duo Petunia Mattioli e Russell Mills. Per di più l’opera si costruisce, in entrambi i casi, sulla relazione: fra gli oggetti, le immagini e i suoni nel primo caso, fra l’opera e gli spettatori,  per mezzo delle macchine, nel secondo. La dissonanza sta nel fatto che mentre in Invisibile domina l’elemento ludico e il tema centrale è costituito dall’interattività, Hold pare essere un’intima riflessione sulla ricerca artistica in quanto ricerca esistenziale e sullo statuto dell’opera d’arte contemporanea che, cambiando, trascina con se lo spazio che abita di volta in volta.

                                                                                                        

 

(1) Ma il sasso è un corpo. Il corpo è ciò che in sé sfugge sempre all’organizzazione di un senso e che pesa, come un  grave, fuori dal linguaggio, ragion per cui da sempre non può esprimerlo né afferrarlo ma solo, nei casi più fortunati di “poesia”, toccarlo fuggevolmente.  E si potrebbe aggiungere, con Nancy : “ Corpo come un pezzo d’osso, come un sassolino, come un grave, come ghiaia che cade a picco”. J.L.Nancy, Corpus. Ed. Cronopio, Napoli;1995 e 2001. Pag. 20.

(2) J. L. Nancy, Essere singolare plurale. Ed. Einaudi, Torino, 2000.

(3) Enrica Lisciani Petrini, Introduzione a J.L.Nancy,  All’ascolto, Raffaello Cortina, Milano, 2004. Pag XXII

(4) J.L. Nancy, All’ascolto, RaffaelloCortina, Milano, 2004. Pag 30

(5) Enrica Lisciani Petrini, Introduzione a J.L.Nancy,  All’ascolto, RaffaelloCortina, Milano, 2004. Pag XXII

(6) Testo tratto da Field Work,  Russell Mills, 2004. Dal volantino di Hold.

(7) J.L. Nancy, All’ascolto, RaffaelloCortina, Milano, 2004. Pag 48. Osservazione di Lévi-Strauss, nota 11.

(8) A. Sconberg e W.Kandisky, Musica e pittura. Lettere, testi, documenti. Einaudi, Torino 1988. Citazione tratta dall’introduzione di Enrica Lisciani Petrini a Jean Luc Nancy, “All’ascolto”. RaffaelloCortina, Milano, 2004. Pag. X.

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